La Chiesa per la scuola - Temi - Autonomia e sussidiarietà - Il coraggio dell’autonomia 

Il coraggio dell’autonomia   versione testuale

di Sergio Cicatelli

Certe volte, per trovare soluzione a un problema può essere utile ritornare al significato originario delle parole, ricavando da esse la necessaria ispirazione per scoprire una prospettiva solo apparentemente nuova ma già contenuta fin dall’inizio nel concetto.

La scuola italiana sta facendo i conti da quindici anni con l’autonomia (il regolamento è del 1999) e quindi si potrebbe pensare che la nozione sia ormai patrimonio consolidato del sistema. Ma proprio per sua natura l’autonomia non si presta a un’interpretazione statica e definitiva; anzi, quella che deve essere compresa e condivisa è soprattutto una cultura dell’autonomia.
Essere autonomi significa, alla lettera, sapersi dare delle regole da soli, avere cioè il senso del dovere e quello della responsabilità, che è inseparabile dall’autonomia perché ognuno deve saper rispondere pubblicamente delle scelte compiute nell’esercizio di quella autonomia. Troppe volte, invece, si ha l’impressione che l’autonomia sia vissuta come una gabbia, una serie di regole da applicare per muoversi con sicurezza tra le insidie del diritto.

Agli inizi si era soliti dire con enfasi che con l’autonomia tutto ciò che non era vietato era permesso, lasciando quindi ampi margini di libertà e di iniziativa ai soggetti scolastici. Molti si sono sentiti però intimoriti dalle responsabilità che si andavano assumendo, anche perché il ricorso sempre più disinvolto al livello giudiziario per risolvere qualsiasi controversia anche banale ha suggerito di rinunciare spesso a un’eccessiva intraprendenza. Ecco, allora, che l’autonomia non ha preso il largo e ha ripiegato su una navigazione di piccolo cabotaggio, rimanendo sempre vicina alla costa per paura di affrontare il mare aperto.

In questo mancato esercizio di creatività l’autonomia rivela il suo intimo legame con la sussidiarietà, che vuol dire costruzione di percorsi a partire dal basso, dalla realtà più vicina al singolo, anziché attendere dall’alto le istruzioni o la soluzione prefabbricata.
La sussidiarietà è principio cardine della dottrina sociale della Chiesa, affermata e promossa soprattutto in tempi in cui l’invadenza dello Stato (spesso totalitario) lasciava poco spazio alle iniziative dei singoli cittadini e alle loro libere forme di aggregazione. Credere nella sussidiarietà e praticarla significa dunque aver fiducia nella bontà delle proprie idee e cercare di affermarle, in una dialettica rispettosa delle altrui proposte.
In campo educativo l’esistenza delle scuole cattoliche è considerata una forma tipica di sussidiarietà, soprattutto quando l’iniziativa nasce da gruppi non strutturati di genitori che si riuniscono per dar vita a una scuola e così rispondere alla personale esigenza di educazione per i propri figli. Ma la sussidiarietà può essere un valore anche per le scuole statali, in cui l’iniziativa privata non deve essere vista come una pericolosa e sgradita concorrenza al potere dello Stato, bensì come un prezioso contributo di creatività e di attenzione alle reali esigenze delle persone.

Per la Chiesa e per ciascun fedele autonomia e sussidiarietà possono essere principi guida nel quotidiano confronto con il mondo della scuola: senza attendere le istruzioni dell’autorità superiore, fare presenti le proprie esigenze educative e formulare proposte risolutive. Perché la scuola non è dello Stato o del Ministero ma dei cittadini; ed è al loro servizio che essa si pone. Alla centralità dell’alunno, ripetutamente dichiarata sul piano pedagogico, deve dunque corrispondere la centralità dei soggetti che autonomamente e sussidiariamente contribuiscono alla vita della scuola.
Negli anni settanta del secolo scorso (e pare davvero passato un secolo) venne lanciata la scuola della partecipazione, con rappresentanze di studenti e genitori inquadrate in quegli organi collegiali che oggi mostrano di aver perso tutta la loro originaria vitalità. In una logica diversa, fatta appunto di autonomia e di sussidiarietà, c’è spazio per una nuova collaborazione, più fattiva e concreta, che renda le scuole vere comunità in cui cresca la corresponsabilità di ognuno all’impresa educativa.