Parlando di scuola è la qualità “il vero problema” che deve essere tenuto al centro del dibattito perché è solo la qualità del servizio erogato che fa sì che una scuola (statale o paritaria) sia veramente “di fatto”, e non solo di “diritto”, un bene “di” tutti e un bene “per” tutti. Ma se questo è il vero problema, e nessuno può osare smentirlo, si dimostra evidente quanto sia fuorviante, pretestuosa, ideologica la polemica che contrappone la scuola statale a quella paritaria, quasi che la prima sia una manifestazione di un interesse “privato” a scapito di un bene “pubblico” garantito dalla seconda. Come è altrettanto fuorviante che la scuola paritaria possa diversamente da quella statale svolgere i suoi compiti istituzionali senza il corrispettivo finanziamento da parte dello Stato.
Relativamente alla scuola paritaria la Legge n. 62 del 2000 (nota come la legge sulla parità scolastica), rompendo alcuni vecchi tabù ideologici che sembravano insormontabili, puntualizza in maniera inequivocabile alcuni principi fondamentali: la scuola paritaria é parte “integrante e costitutiva” dell’unico sistema educativo nazionale di istruzione e formazione; svolge un “servizio pubblico” e di “pubblico interesse”; non si contrappone alla scuola statale ma concorre (corre insieme) insieme ad essa alla promozione culturale, sociale, economica del Paese; è soggetto giuridico pienamente “legittimo” e “legittimato” a ricevere per l’attività che svolge un finanziamento pubblico; la famiglia ha diritto di “scegliere liberamente” la scuola più conforme alle proprie aspirazioni.
Quale l’auspicio a quattordici anni dalla proclamazione di questa legge? Semplicemente che venga pienamente applicata. Cioè che i diritti umani e civili (quello di istruzione ed educazione, della libertà di scelta educativa), dei quali é espressione e garanzia, siano effettivamente riconosciuti e, quindi, che coloro che la scelgono non siano sul piano economico discriminati rispetto agli altri che optano per la scuola statale. L’auspicio, cioè, che si verifichi quanto affermato a chiare lettere dal Parlamento europeo in una sua Risoluzione del 14 marzo 1984: “Il diritto alla libertà di insegnamento implica per sua natura l’obbligo per gli Stati membri di rendere possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento di loro compiti e all’adempimento ei loro obblighi in condizioni uguali a quelle che beneficiano gli istituti statali corrispondenti, senza discriminazioni nei confronti degli organizzatori, dei genitori, degli alunni e del personale” (art. 1.9).
Allorché in Italia, come in tutti i Paesi più avanzati dell’Occidente, la scuola paritaria sarà finalmente riconosciuta come una grande risorsa strategica nell’interesse di tutti e sarà, perciò, finanziata dallo Stato, la libertà, il pluralismo avranno fatto un balzo in avanti nella direzione di una democrazia compiuta e i giovani e le famiglie avranno un referente eccezionalmente qualificato a cui far capo per riuscire a fronteggiare le grandi sfide educative della società moderna che su di loro pesantemente incombono.
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