Tutti gli articoli di Gioele Anni

Don Bosco: una gioia che vive ancora

Si festeggia quest’anno il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. Giovanni Benetton, studente del liceo padovano dedicato al santo, ne riassume la missione educativa.
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Il liceo Don Bosco di Padova è una scuola e al tempo stesso una comunità e una grande famiglia. Come ogni altro istituto richiede impegno, costanza e dedizione, ma – vi assicuro – lascia spazio anche per attività di crescita personale ed esperienze formative di classe. Ciò che più mi colpisce di questa realtà è l’attenzione per ciascuno; si dialoga, si discute, si cerca una soluzione verso un obiettivo condiviso. La partecipazione di ognuno, dalle assemblee di istituto al torneo di calcetto, dalla messa di apertura alla festa del grazie, è la chiave vincente per la bellezza e la serenità dell’ambiente scolastico. Bellezza e serenità che si intersecano insieme grazie all’impronta che don Bosco diede ai suoi istituti e alle persone che, nel corso degli anni e ancora oggi, lo ricordano in tutto ciò che fanno. 
200 anni fa nacque Don Bosco, ma la sua gioia continua a vivere nelle nostre attività e nei nostri numerosi progetti.
Giovanni Benetton

Aiutiamo i ragazzi a sbocciare nella vita

Ancora tre settimane di tempo per le iscrizioni. Il 15 febbraio si avvicina, e oggi (dopo l’intervento degli studenti e di un genitore) tocca a un docente esprimere il proprio punto di vista. Secondo Maria Graziano, professoressa di Formia, l’insegnante ha il compito di guidare i ragazzi a capire il proprio progetto di vita.

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Sono appena tornata da un’esperienza di “Open day” organizzata dal mio istituto, il Liceo Classico “Vitruvio Pollione” di Formia, e sono compiaciuta del fatto che anche oggi abbiamo sperimentato l’attenzione e la considerazione del territorio per la nostra istituzione. Di anno in anno, queste iniziative sono sempre più frequentate, perché le famiglie e i ragazzi sono sempre più ansiosi di capire quale indirizzo di studi corrisponda alle proprie attese, quale tipo di apprendimenti e di vissuti condurrà gli adolescenti a “sbocciare” nella vita, in un contesto sociale e culturale che appare spesso “col fiato corto”, senza futuro, senza prospettive …

Come ogni giorno, con i colleghi che hanno animato l’iniziativa, ci siamo messi in gioco; abbiamo condiviso non solo il cuore delle nostre proposte ma il nostro cuore… Come possono essere accompagnati ogni giorno i ragazzi che si stanno affacciando da noi per capire qual è il loro progetto di vita? E poi come aiutare le giovani generazioni a capire che la scelta della scuola superiore, in questi giorni, non è irreversibile, ma consente il confronto con educatori adulti interessati alla loro persona, prima che alla logica aziendale dell’aumento delle iscrizioni?

Io credo che un istituto superiore innamorato dei ragazzi di oggi, della loro educazione, appassionato del presente, oltre che del futuro, delle nuove generazioni, abbia le seguenti caratteristiche.

La scuola è chiamata a trasmettere cultura e, attraverso questa, il ragazzo si forma e si educa: solo credendo che i contenuti culturali delle materie scolastiche siano parte evoluta della storia umana, la scuola può trasmetterli come valore. D’altro canto non c’è didattica senza relazione, ma questa non s’identifica con atteggiamenti di protezione o di ruolo genitoriale; è, invece, prima di tutto, accettazione dell’altro. Si tratta di un rapporto non sempre facile ma, perché la scuola trasmetta i valori, è ben più fruttuoso promuovere il positivo, anziché demonizzare il negativo, cioè è preferibile favorire le condizioni di benessere piuttosto che puntare l’attenzione sulle occasioni di disagio. In questa relazione educativa, l’insegnante si mostra così com’è: non appare come il maestro di vita perfetto a tutti i costi, ma piuttosto è sincero e leale, senza reticenze o ipocrisie, perché educa a questi valori anche con i propri difetti.

Il primo compito del docente è insegnare: se lo fa bene, cioè con puntualità, competenza, precisione, organizzazione, imparzialità, trasmette valori. Un insegnante superficiale e poco preparato corre il rischio di essere ignorato e deriso; un docente serio e consapevole del suo ruolo educativo stabilisce relazioni serene ed è in grado di offrire spunti per l’espressione dei ragazzi a partire dalle stesse materie, oggetto di studi: se hanno un problema, i ragazzi si rivolgono più facilmente a un adulto significativo, che giudicano capace di ascoltare ma anche di confrontarsi con i più giovani con la libertà generata da un profondo equilibrio. Per trasmettere valori come la solidarietà e il rispetto dell’altro, un insegnante non alimenta stili di competizione per far crescere il profitto; abilita, invece, al lavoro intellettuale serio, evitando di rinforzare il confronto in termini di sanzioni o gratificazioni, ben sapendo che il ragazzo che oggi bada solo a primeggiare, domani forse si occuperà solo dei propri affari. Inoltre un docente che crede nella propria professione troverà più facilmente strumenti e occasioni per coinvolgere le famiglie e rendere così efficaci i propri interventi, nella consapevolezza che anche la comunicazione tra docenti che condividono la relazione con gli stessi ragazzi, pur nel rispetto di ogni sensibilità, avvia e potenzia esperienze di dialogo con queste e con gli stessi alunni.

Mentre, da un lato, occorre aprirsi sempre più ad una concezione di educazione come sistema, come un insieme di “luoghi” (famiglia, scuola, parrocchia, associazioni ecc.) in relazione, ciascuno dei quali porta un contributo specifico all’obiettivo comune, che è la maturazione umana integrale del ragazzo e del giovane, dall’altro urge la necessità di riappropriarsi della consapevolezza della centralità educativa della scuola, proponendo e condividendo riflessioni sulle scelte che la caratterizzano oggi, da qualsiasi prospettiva essa interpelli la nostra vita.

 Maria Graziano

Ma chi è mio figlio?

Continuiamo a riflettere sul tema delle iscrizioni: si è aperto il tempo della scelta, e fino al 15 febbraio ragazzi e famiglie sono chiamati a prendere le proprie decisioni.
Il secondo intervento, dopo il contributo degli studenti, ha il punto di vista del genitore: Maria Grazia Colombo, membro dell’esecutivo nazionale AGESC e del direttivo nazionale del Forum delle Associazioni Familiari, si pone una domanda: ma chi è mio figlio?

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E’ tempo di Open Day, le scuole si aprono , si organizzano incontri di presentazione nei quali si mettono in “mostra” le proposte formative, si incontrano gli insegnanti. E noi genitori accompagniamo i nostri figli da una scuola all’altra con una domanda: che scuola scegliere, come valutare la scelta, cosa vogliamo per il bene dei nostri figli?

L’occasione di incontro delle varie esperienze scolastiche è molto importante e diventa una possibilità concreta per “entrare” nella scuola, ascoltare altri ragazzi raccontare della propria scuola, conoscere i dirigenti che spesso si isolano nei loro uffici carichi di grosse responsabilità all’apparenza solo organizzative. Si entra nel cuore dell’esperienza didattica ed educativa. Per un giorno o per pochi giorni le scuole aprono le porte, non solo in modo simbolico ma reale, interattivo e tu capisci che la scuola è di tutti: studenti, docenti e genitori. Un’alleanza che se funziona – e in particolare è leale – permette la crescita di ragazzi protagonisti della loro vita.

In famiglia si parla molto in questi giorni della “scelta”, a tavola è l’argomento più gettonato, per noi genitori senz’altro la preoccupazione primaria. A noi interessa infatti il bene di nostro figlio e quindi la possibilità che possa incontrare un’esperienza formativa che lo faccia crescere nella conoscenza, sviluppi un senso critico, gli faccia fare la fatica dell’imparare accompagnata dalla curiosità del sapere.

Ma la domanda rimane: quale indirizzo scegliere che risponda maggiormente alle caratteristiche di nostro figlio? A questa domanda non possiamo e non dobbiamo rispondere da soli, la scelta infatti cade in un momento particolare della vita del ragazzo che ha già fatto un percorso scolastico importante e noi, come adulti attenti, non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo. Educare è porre un passo dopo l’altro, magari tutti i passi non sono stati della stessa misura ma non importa, il punto è che educativamente il ragazzo abbia camminato, fatto scelte, individuato con i propri insegnanti delle “medie” percorsi e intravisto progetti futuri studiando italiano, matematica, storia, musica, arte ed educazione fisica…

Non dobbiamo commettere il grave errore di pensare alla scelta come ad un ricominciare da capo, un azzerare tutto per guardare avanti. I nostri ragazzi sono quaderni scritti, non quaderni bianchi. Il punto è saper leggere ciò che c’è scritto, a volte appaiono solo dei segni ma il compito nostro, come genitori, è di saperli leggere, interpretare e suscitare il desiderio di guardarsi dentro per cogliere la “domanda” che muove la scelta. A volte, carichi di preoccupazioni quotidiane, in famiglia siamo piegati sulla soluzione della scelta della scuola e perdiamo la sfida che si nasconde nella “domanda”: ma chi è mio figlio? È una questione di sguardo, di occhio clinico che noi genitori abbiamo, uno sguardo che va in profondità e fa emergere il vissuto denso di aspettative, progetti, ideali che un adolescente custodisce gelosamente nella propria persona.

L’esperienza ci insegna che non siamo soli, gli insegnanti che abbiamo a fianco sono i nostri migliore alleati in questa scelta, perciò è conveniente per noi fare sempre un gioco di squadra. Si parla di corresponsabilità educativa, si stringe pure nella scuola un “patto di corresponsabilità” tra docenti e genitori, ebbene l’occasione della scelta della scuola diventa una sfida interessante per tutti: dobbiamo saperla però cogliere non solo come preoccupazione, ma come una reale e appassionante opportunità educativa.

Maria Grazia Colombo

Scuole superiori? Tre suggerimenti per non sbagliare

Comincia un nuovo anno, ed è tempo di iscrizioni alle scuole di ogni ordine e grado. Dal 15 gennaio al 15 febbraio, migliaia di studenti e famiglie sono chiamati a una decisione importante.
Raccoglieremo nel blog alcuni spunti di riflessione. Cominciamo con il punto di vista degli studenti, in particolare riguardo alla delicata scelta della scuola superiore. Silvia dalla Sicilia e Ferdinando dalla Calabria raccontano la loro esperienza.

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Il futuro inizia oggi, dipende dalle nostre scelte. Avere un futuro significa riflettere ora, fare discernimento nel quotidiano, non giocare con le possibilità che la vita ci offre.
In questa prospettiva parliamo di orientamento alle scuole superiori, un tema di cruciale importanza a cui ci sembra che non si presti abbastanza attenzione. Arrivati al fatidico momento i ragazzi viaggiano spesso confusi, in balia di opinioni poco chiare e discordanti, che non aiutano. Eppure si tratta di una scelta importante. Probabilmente l’età è uno dei fattori chiave: non essendo ancora del tutto maturi, i ragazzi sbrigativamente cercano di arrivare a un compromesso; ma a volte capita di ritrovarsi, un anno dopo, frustrati da una scuola che non piace.

Abbiamo deciso di raccontarvi le nostre storie in breve, entrambe di due ragazzi del Meridione, non molto diverse.

Silvia, 15 anni, secondo anno del Liceo Linguistico, dalla Diocesi di Catania: ho sempre mostrato interesse per le culture e le lingue straniere, perciò, quando è arrivato il momento di iscrivermi alla scuola superiore, non ho esitato a scegliere il mio liceo, anche su consiglio della mia professoressa di inglese e spinta dal desiderio di poter proseguire i miei studi all’estero una volta uscita dalla scuola superiore. Tutt’oggi non mi pento della scelta che ho fatto perché, essendo quello che mi piace, non mi pesa affatto. Il consiglio che quindi posso dare ai ragazzi che vi si troveranno di fronte, è di scegliere secondo quello per cui si è portati, e guardando a come ci si vede proiettati nel futuro.

Ferdinando, 15 anni, secondo anno di Liceo Classico, dalla Diocesi di Cassano allo Jonio: ricordo di non avere mai nutrito alcun dubbio nella mia scelta. Il Liceo Classico era stato da sempre un obiettivo, e più i miei studi si avvicinavano alla scelta, più mi convincevo che quella fosse la scuola giusta per me. Ho avuto la fortuna di non ricevere alcuna pressione dalla mia famiglia, e di essere consigliato da professori che volevano per me il bene. A due anni da allora, non rimpiango nulla – sono, invece, ogni giorno più felice di varcare la porta del mio Liceo.

Unendo le nostre esperienze e quelle di amici, abbiamo creato una nostra piccola “guida” per scegliere coscienziosamente. Tre punti, ragazzi, da rispettare fedelmente!

  • Raccogliere opinioni per avere uno sguardo a 360°. Innanzitutto chiedete consiglio ai vostri insegnanti: loro vi conoscono e possono aiutarvi partendo dalle vostre inclinazioni. Parlate con studenti, o ex, da diverse scuole. Ascoltate anche ciò che i vostri genitori desidererebbero per voi o pensano sia ideale.
    È importante è che vi consultiate con diverse persone, perché, in quanto personale, il pensiero è condizionato da esperienze individuali.
  • Visitare la scuola. Se e quando possibile, fate una breve visita alla scuola per respirare l’aria che vi state accingendo a vivere nei prossimi cinque anni. Cogliete i particolari che potrebbero aiutarvi a compiere la scelta, gli sguardi di intesa fra gli studenti, le espressioni dei professori e dell’intero personale che vi lavora.
  • Compiere una scelta. Ora siete pronti a decidere. Fatelo con voi stessi, ascoltatevi, non superficialmente, sommariamente: tenete in considerazione i consigli ricevuti, qual è il vostro progetto in un futuro ancora molto lontano, le vostre attitudini, i programmi che le scuole vi offrono.

Ora, ragazzi, possiamo solo dare un ultimo suggerimento: «Riponete la vostra sorte nel Signore; confidate in lui, ed egli agirà». [Salmo 37]

Silvia Scigliano e Ferdinando D’Elia.