Il Papa incontra la scuola…e noi c’eravamo!

Mettersi in viaggio alle 5 di un sabato mattina non è facile: hai bisogno di un sogno che sia più forte del sonno. Non è altrettanto facile stare fermi in un pulmino per tante ore, aspettare facendo la fila davanti a una transenna senza capirne il motivo, mentre la folla si accalca e nemmeno stare sotto il sole di una giornata che sa più di estate che di primavera. Non è stato facile ma ne è valsa la pena. “Ne è valsa la pena” sono le prime parole che riecheggiavano sulle labbra dei ragazzi al termine dell’evento di Piazza San Pietro.

I motivi sono tanti e ognuno ha i suoi. “Tanta gente così tutta insieme non l’avevo mai vista” è una delle cose che ha colpito di più Felix. “Mi è piaciuto – dice Alejandro – il fatto che all’inizio cantavamo e ballavamo ma poi si è passati a discorsi sulla scuola: siamo fortunati ad avere una scuola così organizzata rispetto ad altri paesi del mondo”. Un punto di vista quanto meno anomalo sulla bocca di uno studente.

Prima dell’intervento del papa, la testimonianza che più è piaciuta ai ragazzi dell’oratorio don Bosco di via Adua è stata quella di Yuri Chechi. “Meglio una sconfitta pulita di una vittoria sporca”, sono queste le parole rimaste impresse a loro e non a caso ripetute da Papa Francesco. Uno dei ragazzi mi ha confidato che vincere è bello ma chi vince imbrogliando non può ricevere quella gioia grande di chi vince pulito.

Riguardo a papa Francesco “nessuno di noi aveva mai visto il papa così da vicino e anche la sua voce ti raggiungeva in maniera più diretta: è tutta un’altra cosa”, “un uomo semplice, dai movimenti disinvolti che trasmettevano tranquillità”, “ha salutato tutti andando fino in fondo a via della Conciliazione”, “è un modello di umiltà”, “essere così vicino a lui mi ha fatto sentire importantissimo”.

Fra le parole del papa, semplici e comprensibili da tutti, qualcuno è rimasto colpito di come Francesco fosse rimasto in contatto con la sua insegnante anche una volta terminata gli studi. Proprio lei gli aveva trasmesso la bellezza della scuola.

Un’esperienza ricca ed entusiasmante come questa non può rimanerlo anche nel domani se non si impara a rileggerla, a farne tesoro, a capire cosa ha da dire a tutti gli altri giorni che seguiranno e che si inseguiranno nella routine di tutti i giorni. Pertanto, “due sono le cose mi porto a casa. La prima è di essere cosciente della fortuna che ho nel poter avere un’istruzione, un’opportunità che non posso permettermi di sprecare. La seconda è che dal lato spirituale l’incontro con papa Francesco non mi ha fatto sentire inferiore a lui come all’inizio credevo: ho percepito una sensazione di pari dignità con lui anche se egli è al vertice della Chiesa”.

Le risonanze dei ragazzi sarebbero ancora tante e non è possibile scriverle tutte, anche perché quelle più profonde rimarranno nell’intimo di ciascuno e sono convinto che porteranno molto frutto. Di certo quello che in sintesi si può dire che è che hanno visto una Chiesa bella, dai gesti accoglienti, dal volto sorridente, dai pensieri profondi e soprattutto di un papa povero fra i poveri, semplice fra i semplici, vicino ai lontani, amico di tutti, i cui occhi brillano di fede e di gioia. Insomma un incontro con una persona speciale, pieno di attenzione verso tutti e che ricorda a ciascuno che è degno di essere amato.

Francesco Santarello
Educatore
Oratorio don Bosco di via Adua, Reggio Emilia

Qualche buona notizia dai test PISA

L’Italia, sebbene rimanga ancora al di sotto della media OCSE, è uno dei Paesi che ha registrato i più notevoli progressi nell’apprendimento della matematica e delle scienze. Questo è quel che dicono i risultati dei test PISA (Programme for International Student Assesment) condotti nel 2012 (le rilevazioni vengono fatte ogni tre anni a partire dal 2000) su un ampio campione di quindicenni di quarantaquattro Paesi, prendendo in esame le competenze in matematica, scienze, lettura e problem solving.
Il risultato medio in matematica degli studenti italiani, paragonabile a quello di Paesi come Russia, Stati Uniti, Norvegia, Spagna e Portogallo, è in crescita di ben venti punti (numeri assoluti) rispetto alla rilevazione del 2003, con un’impennata tra 2006 e 2009. Le maggiori difficoltà sono state rilevate nelle prove in cui si chiedevano formulazioni matematiche, mentre i risultati si sono mostrati in linea con quelli internazionali laddove venivano richieste interpretazioni, applicazioni e valutazioni. Purtroppo sono vistose le differenze territoriali: i ragazzi del Triveneto hanno ottenuto risultati superiori, e non di poco, non solo alla media nazionale, ma anche a quella OCSE. Anche la discrepanza tra maschi e femmine desta qualche preoccupazione: i maschi hanno fatto 18 punti in più delle femmine, rispetto agli 11 registrati negli altri Paesi. Il dato si ribalta per quanto riguarda invece la lettura, confermando un antico stereotipo: le ragazze hanno totalizzato 39 punti in più, ma il dato è in linea con i 38 della media OCSE. Nella lettura i ragazzi lombardi, veneti e trentini superano però di molto il dato internazionale.
Dopo queste considerazioni di carattere tecnico, la relazione presenta qualche nota che si potrebbe definire politica: la spesa pubblica italiana per la scuola è diminuita dell’8% tra il 2001 e il 2010, e nel destinare all’istruzione meno danaro siamo in compagnia soltanto di Islanda e Messico. Qualche ragionamento andrebbe però fatto anche su come questi soldi vengono investiti: i nostri 50.000 dollari a studente sono pari a quelli di Singapore, ma in matematica i nostri ragazzi hanno preso 485 punti, nell’isola 573.
A proposito di spese, l’OCSE nota che le nostre scuole godono di troppo poca autonomia, non avendo modo di incidere, per esempio, sul rendimento e la condotta dei propri docenti. È uno spunto per chi crede nella libertà dell’educazione, specie alla luce del grande divario che c’è non solo da regione a regione, ma anche da scuola a scuola, con la tendenza perciò a creare ghetti. Solo il 69% degli studenti è soddisfatto della propria scuola: negli altri Paesi è il 78%. Alti sono i tassi d’assenteismo e i ritardi alle lezioni, con maggiore incidenza fra gli studenti più fragili dal punto di vista socio-economico, il 18,4% della popolazione scolastica; il 17% dei nostri quindicenni ha ripetuto almeno un anno, rispetto al 12% dell’estero.
C’è poi un dato che potrebbe destare qualche curiosità. Siamo sopra la media OCSE per l’iscrizione alle scuole materne, dal momento che solo il 4% dei nostri studenti non le ha frequentate, rispetto al dato internazionale del 7%: parrà strano, ma chi ha fatto l’asilo ha ottenuto 25 punti in più nelle prove di matematica sostenute a 15 anni rispetto a chi all’asilo non era andato, segno che la predisposizione a imparare ha radici profonde.

Ulteriori informazioni si possono reperire qui